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di Michele Cosentini
con Sveva Tedeschi, Luca Ferrini, Guglielmo Lello, Elisabetta Girodo Angelin, Alberto Melone, Rosario Marotta
coreografie Rosario Marotta
scenografie Andrea Eleonori
costumi Magda C Kalim

Sinossi

Col passare dei decenni, si è teoricamente ridotto il gap generazionale tra adulti e adolescenti: le distanze tra genitori e figli, oggi, sembrano molto più ridotte rispetto a quelle che c’erano nel secolo scorso (così come tra insegnanti e alunni): forse perché si cresce più tardi, forse perché gli adulti di oggi sono molto più “bambini” di quelli di un tempo, forse perché c’è stato uno spartiacque storico che ci ha illuso di essere adulti meno dogmatici e “distanti” di quanto non lo siano stati i nostri padri e i nostri docenti. E invece spesso ci si accorge che dei nostri ragazzi sappiamo molto meno di quanto immaginiamo. Per raccontare l’universo dei ragazzi, le loro paure, i loro disagi, il loro senso di inadeguatezza saranno messe in scena storie vere, tratte da testimonianze reali, per non correre il rischio di mettere in bocca agli adolescenti delle parole fasulle, che rappresentino la percezione -spesso falsata- che abbiamo di loro. Storie che si fondono in un’unica vicenda complessiva, ma la cui ossatura sia tragicamente e comicamente (sì, nella vita tragedia e commedia si fondono) reale. Giovani e adulti parlano linguaggi differenti, che possono apparire inconciliabili, reciprocamente incomprensibili (e anche le musiche dello spettacolo, su cui corpi e voci si fondono, non hanno un unico stile). Ma i linguaggi di figli e genitori, di allievi e insegnanti, possono fondersi e creare un unico linguaggio, a vantaggio di tutti. Un esperimento di incontro è avvenuto anche con le lingue vere e proprie quando più di cento anni fa un visionario chiamato Zamenhof inventò una lingua artificiale: l’esperanto. Il risultato fu piacevole e musicale, e il bello era che le regole grammaticali erano semplicissime. Tutto è possibile, insomma, e forse è meno difficile di quanto sembri. Anche se alcuni obiettano che l’esperanto non si diffuse mai universalmente, e che dunque resta una meravigliosa utopia…

2 Comments

  • Nicoletta Rotoni ha detto:

    ottimo spettacolo. ci dà molti spunti di riflessione . efficace modalità di rappresentazione in cui si sono intrecciate parole musica ritmo corpo.
    da docente posso dire che sarebbe stato importante rappresentare anche la voce del disagio dei docenti e della crisi della loro funzione educativa.

    • altacademy ha detto:

      grazie del suggerimento. in merito al tema sociale quest’anno sposteremo l’attenzione sul razzismo e l’integrazione… ne sentiamo l’urgenza. vi terremo aggiornati!