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uno spettacolo di Michele Cosentini
con Sveva Tedeschi, Noemi Quercia, Luca Ferrini, Guglielmo Lello, Rosario Marotta
in coproduzione con il Teatro di Roma

Sinossi

Si sono spese molte parole sui pericoli e sulle patologie dei social networks, e questo spettacolo non ha la pretesa di essere un trattato sociologico. Semplicemente mette in scena le dinamiche di una modalità comunicativa che rappresenta l’involuzione delle vecchie chat; in queste ultime, i rapporti erano quasi esclusivamente virtuali, basati sulla parola scritta e con nomi sostituiti da nickname; rare le foto, ancor più i video (le webcam erano cosa per ricchi o per nerd), e per i puristi finanche le emoticon erano una bestemmia. Niente pulsanti “mi piace”. Dovevi proprio ingegnarti a scrivere, con buona pace dei congiuntivi sballati e degli apostrofi, e lavorare di immaginazione, anche se spesso malata. Quando arrivava il momento dell’incontro con il sopravvalutato sconosciuto, si spezzava l’incanto: la fantasia, si sa, può giocare brutti scherzi.

Sui social e su Facebook in particolare, invece, non ci sono sconosciuti propriamente detti: sono tutti amici, i nomi sono palesi, le facce e i corpi anche, spesso ci si conosce nella vita. Non ci sono filtri né pudori, si parla “come se magna” e talvolta, paradossalmente, il non-anonimato tira fuori il peggio. Reale e virtuale si fondono e si confondono. Ed è proprio questo, che “Social Life” vuole mettere in scena: storie in cui le umani debolezze, la superficialità, la volgarità, la cattiveria e perfino la violenza si trasmettono dal reale al virtuale e viceversa.

Inutile dire che è soprattutto il mondo degli adolescenti a essere coinvolto: gli episodi di cyberbullismo, spesso portatori di gravi disagi se non addirittura di morte, purtroppo riempiono le pagine di cronaca. Ma c’è anche un universo meno estremo e quindi meno visibile: storie di inadeguatezze, di solitudini grottescamente mascherate, di amori sballati, di video deliranti, di discorsi insensati, di rapporti falsati,  di selfie imbarazzanti, di intolleranze amplificate dal mezzo. Di scontro tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere.

Adolescenti in rete, dunque, ma non solo: perché spesso i loro padri e le loro madri non sono meno fragili e vulnerabili davanti al mezzo.

Se è vero che la tragedia, quando si ripresenta, si trasforma in farsa, il dramma tende ad assumere venature comiche fin dalla sua prima apparizione: ecco dunque che “Social Life” contiene anche elementi grotteschi ed esorcizzanti. Tragico e buffo, epico e ridicolo. Come la vita, virtuale e non.